Il Ponte, aprile 2010

GORBACIOV E LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO

Vincenzo Accattatis

Fissiamo grosso modo il peso specifico di alcuni Stati Europei a cento anni fa, nel 1910. La Gran Bretagna era la potenza europea dominante, in contesa con la Germania - la Francia era già al terzo posto (cercava di gareggiare come potenza appoggiandosi sul colonialismo, tollerato o incoraggiato dalla Germania). L’Italia (giolittiana) non era ancora potenza: era impotenza, uno Stato che cercava di definire la propria identità. L’avrebbe definita in un suo modo particolare, a partire dal 1919.

L’Europa di oggi: la potenza dominante è la Germania riunificata; la Francia, che ha tentato di non farla riunificare [1] e teme ancora gli effetti della riunificazione, è al secondo posto; la Gran Bretagna, che ha tentato di non farla riunificare [2] e teme ancora gli effetti dell’unificazione, si barcamena, non si rassegna, tenta ancora (è incredibile) imprese imperiali. Alle spalle delle tre grandi potenze (ex grandi potenze) il colonialismo, l’imperialismo, due guerre mondiali, il fascismo e il nazismo ancora vivi in Europa. Il fuoco arde sotto la cenere [3].

Di seguito mi occuperò di Mikhail Gorbaciov, in particolare del ruolo da lui svolto nell’unificazione della Germania e, inoltre, del suo noto libro, Perestrojka, che giudico, ancor oggi, molto utile.

Giugno 1989: Gorbaciov è in visita ufficiale in Germania Ovest. Con Helmut Kohl conviene che prima o poi la Germania sarà unificata, ma che la riunificazione non è cosa imminente. E invece l’unificazione avviene in tempi rapidi, per iniziativa di popolo, non contrastata dall’Unione sovietica: «gli avvenimenti tedeschi preoccupavano molto François Mitterrand. Egli voleva sondarmi sulla mia valutazione degli eventi. Era nell’incertezza circa lo sviluppo degli avvenimenti che seguiva con grande preoccupazione. Si può riassumere l’atteggiamento di François Mitterrand con la celebre formula (attribuita a François Mauriac): nous aimons tellment l’Allemagne que nous préférons qu’il y en ait deux». La formula valeva ancor piú per Margaret Thatcher, aggressivamente ostile all’unificazione [4]. Ma, alla fine, Mitterrand e la Thatcher erano costretti a prendere atto della realtà del processo di unificazione, inarrestabile o arrestabile solo dai carri armati sovietici, che Gorbaciov ha rifiutato di impiegare - suo grande merito storico.

Il Patto di Varsavia è scomparso, dice Gorbaciov, ma la Nato non è lo è [5]. Quali i suoi scopi oggi? Non certo quelli, originari, di garantire la supremazia degli Stati Uniti rispetto all’Unione sovietica nella logica della guerra fredda. Uno scopo resta certamente quello di associare Stati Uniti e Unione europea in funzione “anticomunista”. Un altro, manifesto, è quello di mantenere in Occidente il primato del complesso militare-industriale [6].

La politica europea ed estera di Chirac e quella di Sarkozy marcano delle distanze. Nel partito di Sarkozy, di Chirac e di Villepin, l’Ump («Union pour un mouvement populaire»), c’è tensione sulla questione. L’Ump è espressione della tradizione gollista, ma de Gaulle era per l’autonomia dell’Europa rispetto agli Stati Uniti, non era subalterno al complesso militare-industriale e cercava di dominarlo. Per contrastare la subalternità e creare l’autonomia della Francia (e dell’Europa), de Gaulle decise di uscire dal comando integrato negli anni sessanta, mentre Sarkozy vi è rientrato.

Giustamente, Dominique de Villepin ha criticato tale scelta. La Nato - ha dichiarato - non deve divenire «il braccio armato dell’occidente» [7]. L’invasione dell’Iraq - ha inoltre osservato - ha chiaramente mostrato quanto l’autonomia giovi all’Unione europea[8].

L’autonomia è importante, dice oggi Villepin - e dice bene. Dello stesso parere sono anche i socialisti[9], anche François Bayrou, presidente del Movimento democratico, anche i verdi.

Il popolo tedesco e i sovietici

Il popolo tedesco ha riconquistato la sua unità con la lotta, con la sua determinazione, nonostante il malvolere delle “potenze amiche” – Francia, Gran Bretagna, Italia (Giulio Andreotti) –, aveva già detto Gorbaciov in una sua precedente intervista [10]: i tedeschi avrebbero resistito fino alla fine. Per evitare il massacro, il politburò sovietico ha ceduto.

«Tempi di fuoco». Un fiume in piena in Germania, nell’estate del 1989, mentre il Partito comunista sovietico elaborava la perestrojka [11]. Tutti speravano che fosse l’Unione sovietica, fedele all’equilibrio di Yalta, a bloccare la riunificazione tedesca con i carri armati: «avrebbero voluto impedire il crollo del Muro e la riunificazione, ma volevano che a fermarli, materialmente, fossimo noi. Con l’esercito. Le truppe [...]. Vennero tutti da me, uno dopo l’altro, a chiederlo, apertamente» [12]. Una vergogna. Nel 1989 poteva scoppiare la terza guerra mondiale. La scelta del politburò di Mosca l’ha evitata.

E quanta strada hanno fatto i tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale. «Si sono umiliati» – dice Gorbaciov - «hanno chiesto perdono, hanno fatto una grande opera di purificazione antinazista e democratica». Fate il paragone con l’Italia: ha condotto la sua grande opera di purificazione antifascista e democratica? L’interrogativo è rivolto a tutti gli italiani, democratici o pretesi tali.

Due soli eroi nella triste storia, dice Gorbaciov: i tedeschi e i russi.

La perestrojka

Gorbaciov è uomo credibile. Tra la repressione con i “suoi” carri armati e la rinuncia al potere ha scelto deliberatamente, coscientemente, la rinuncia al potere.

Quanti uomini credibili vi sono oggi, a livello di vertice, in Occidente? Barack Obama, certamente, ma è dominato dal complesso militare-industriale [13]. Binyamin Netanyahu lo ridicolizza. Gorbaciov potrebbe dargli qualche consiglio utile. È ancora vivo e vegeto, continua a svolgere un ruolo democratico a livello mondiale. Invitiamolo, ascoltiamolo: ha molte cose da dirci. Grazie, comunque, per averci detto ciò che pensavano Mitterrand, la Thatcher e Andreotti della caduta del Muro di Berlino. Grazie per non aver inviato i carri armati sovietici in Germania.

Credo che, ancor oggi, il libro di Gorbaciov, Perestrojka, sia da leggere con attenzione. «Negli ultimi sette decenni, un tempo molto breve nella storia della civiltà umana, il nostro paese ha compiuto progressi pari a molti secoli. Una delle massime potenze mondiali ha preso il posto dell’Impero russo, arretrato, semicoloniale e semifeudale» [14]. Ha creato una solida protezione sociale per i lavoratori. La protezione sociale è stalinista e doveva essere smantellata? Ma in Europa non discutiamo di Europa sociale? Che cosa abbiamo realizzato e stiamo realizzando? Che cosa stiamo smantellando? La costruzione del «libero mercato non distorto» comporta necessariamente, come dicono gli inglesi - o, almeno, certi inglesi -, lo smantellamento dello Stato sociale? Diritto al lavoro. Lo Stato deve impegnarsi per dare lavoro alle persone. È un’idea stalinista?

«Vogliamo un mondo senza guerre». Vogliamo che i lavoratori vivano in un modo «degno degli esseri umani». Contrastiamo le aspirazioni egemoniche degli Stati Uniti.
Anche l’Europa dovrebbe contrastarle, e, quindi, dovrebbe prendere le distanze dalla Nato - all’opposto di ciò che ha fatto Sarkozy e di ciò che farà la baronessa Catherine Ashton, alta rappresentante della politica estera europea.

La macchina bellica degli Stati Uniti - dice Gorbaciov - è insaziabile: «oggi gli Stati Uniti prendono a prestito due terzi della somma che spendono per le armi. Il debito federale è, in effetti, il debito del Pentagono» [15]. Il complesso militare-industriale si alimenta delle tensioni internazionali, e le suscita. «È un vero peccato che i governi dei paesi della Nato [...] finiscano per cedere alle pressioni», assumendosi cosí la grave responsabilità dell’«escalation nella corsa agli armamenti». Oggi in Europa il principale responsabile ne è Sarkozy.

«Nell’aprile del 1986 gli aerei americani bombardarono Tripoli, Bengasi e altre località del territorio libico». Decollarono dalle basi in Gran Bretagna e sorvolarono lo spazio aereo dell’Europa occidentale. Che cosa hanno fatto gli Stati Europei? Sono stati disponibili alla grave violazione della rule of law internazionale. E che cosa ha fatto la Comunità economica europea? Silenzio. Alla Comunità «economica» questi fatti di politica internazionale non interessavano.

«Quando additiamo l’importanza di una presa di posizione indipendente dell’Europa veniamo spesso accusati di seminare contrasti fra l’Europa [...] e gli Stati Uniti». «Non ignoriamo e non sottovalutiamo i legami storici» che esistono fra gli Usa e l’Europa. Tuttavia, con il suo peso economico e il suo passato culturale, l’Europa ha precise responsabilità nel mondo, ma le può assumere pienamente solo costruendosi come realtà indipendente (non subalterna alla logica militaresca-imperiale degli Stati Uniti). È il mio parere. Lo stesso punto di vista è espresso, con chiarezza, da Steven Hill.

L’American Way è guns vs. butter; l’European Way deve invece essere butter vs. guns. Seria politica sociale. Benessere dei popoli al primo posto.



Note:

1) « Nous aimons tellment l’Allemagne que nous préférons qu’il y en ait deux »: Mikhail Gorbaciov, intervista rilasciata a Daniel Vernet, « Le Monde » 6.11.2009; John Vinocur, “German Reunification: From Rejection to Inevitability”, « The New York Times » 8.11.2009.
2) M. Gorbaciov, intervista citata.
3) Cfr. Mark Mazower, « Dark Continent », London, Penguin Books, 1998; Ian Traynor, “Extreme right emerges as strong force in Austria”, “The Guardian” 29.9.2008; “Dark tales from Vienna woods”, “Austria’s election”, “The Economist”, 4.10.2008; Joëlle Stolz, « En Autriche, l’extrême droit se lance à l’assaut de Vienne aux élections locales », « Le Monde » 14.1.2010.
4) J. Vinocur, art. cit.
5) M. Gorbaciov, intervista citata.
6) Nicolas Sarkozy è stato reclutato per questo compito e si presta.
7) “Le Monde” 17 marzo 2009.
8) La Francia di Chirac e di Villepin ha criticato l’invasione ed è stata applaudita a livello mondiale.
9) “Le Monde” 19 marzo 2009.
10) Fiammetta Cucurnia, intervista a Gorbaciov, “la Repubblica” 30.9.2009.
11) M. Gorbaciov, “Perestrojka”, Mondadori, Milano, 1987.
12) F. Cucurnia, intervista citata.
13) V. Accattatis, “Barack Obama e l’imperialismo”, “Il Ponte”, n. 3, marzo 2010; Steven Hill, “Europe’s Promise”, “University of California Press”, Berkeley and Los Angeles, California, 2010.
14) M. Gorbaciov, “Perestrojka”, op. cit., p. 14. Da questo libro sono tratte tutte le citazioni che seguono.
15) “Militarism” è “a core part of American Way”, “guns vs. butter”: S. Hill, op. cit., p. 279.