Liberazione

Dall'Europa della moneta all'Europa dei popoli

Vincenzo Accattatis

5 giugno 2005

Su questo giornale è iniziata l'analisi relativa al no che, in Francia, ha vinto nettamente con voto di sinistra: con il voto degli operai francesi e dei giovani che non ne possono più delle élites francesi che si autoperpetuano. Come in Italia, in Francia governa la gerantocrazia.

Un punto ormai è chiaro: occorre costruire un altro tipo di Europa, l'Europa democratica e sociale. Questa Europa, costruita dalle multinazionali e dai banchieri europei, non è democratica e non è sociale. I francesi si sono espressi chiaramente. Quando potranno esprimersi gli italiani? Ovviamente, quando saranno informati della realtà di questa Europa e quando, finalmente, saranno consultati.

Dalle élites italiane il popolo non è stato chiamato a dire che cosa ne pensava e che cosa ne pensa del trattato costituzionale europeo, della moneta unica, del vincolo esterno, del patto di stabilità. In via bipartisan, in un Parlamento deserto, la maggioranza dei parlamentari italiani ha detto sì a questo trattato costituzionale europeo liberista, respinto dal popolo francese finalmente bene informato (ampio è stato il dibattito negli ultimi mesi in Francia, un esempio per l'Europa). Dicendo no i francesi hanno rafforzato le speranze della sinistra europea, di quella vera che per nulla vuole distruggere l'Ue, ma vuole un'Unione europea veramente democratica e veramente sociale (non a chiacchiere).

La manipolazione di base

Abitualmente lo studio delle istituzioni europee ha questo tipo di approccio: si parte dalla storia dell'idea d'Europa, per ripetere il titolo di un celebre libro di Chabod, e si prosegue nell'analisi per dimostrare che nel corso del tempo l'idea d'Europa si è consolidata nella Comunità economica europea poi divenuta Unione europea. Osservo che l'idea d'Europa non è stata mai un'idea economica o monetaria, ma sempre un'idea morale, di civiltà giuridica, di democrazia partecipata; un'idea di progresso, certamente, ma di progresso non solo materiale, ma morale, di libertà, di fraternità, di solidarietà, di eguaglianza. Il valore di fondo è la persona umana. Valore di fondo anche della Costituzione italiana.

Nella bozza di Costituzione predisposta dalla Convenzione il valore persona umana emergeva con sufficiente nettezza; veniva elencato prima del distinto valore "diritti dell'uomo", mentre nella versione definitiva è stato assorbito. Nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali (seconda parte del trattato costituzionale europeo), oggi sovrastato dal preambolo del Trattato, il valore persona umana conservava un ruolo centrale. L'Unione, si legge in detto preambolo, pone "la persona umana al centro della sua iniziativa". Nella Carta, come nella bozza varata dalla Convenzione, non si parlava di persona umana da emancipare, così come se ne parla nell'art. 3 capoverso della Costituzione italiana, ma il ruolo "centrale" alludeva a una iniziativa europea in tal senso. Ma il valore persona umana da emancipare non è in conflitto con il valore del libero mercato, che è valore centrale e preminente? Nel libero mercato l'occupazione è variabile dipendente - anche se la Carta tenderebbe a escluderlo - cosí come le condizioni di lavoro. La Carta (seconda parte del Trattato costituzionale) è sovrastata dalla prima e dalla terza parte del Trattato. I principi fondamentali non sono scritti nella Carta ma nella prima parte che li ricava, fondamentalmente, dalla terza parte. La Carta è schiacciata fra la prima e la terza parte.

La Corte di giustizia europea può "valorizzare" i diritti fondamentali contenuti nella seconda parte della costituzione (come sperano gli euroentusiasti sociali), schiacciati dai principi generali contenuti nella prima e nella terza parte? Potrebbe tentare di farlo in termini di "governo dei giudici" ma, ovviamente, gli Stati non consentirebbero. È da ricordare inoltre che, storicamente, il governo dei giudici si è realizzato per affermare la politica delle classi dominanti.

Trattato costituzionale e riforma della Costituzione italiana

L'idea di dare all'Europa una Costituzione è ricorrente nella storia della Comunità europea. Basti ricordare il progetto Spinelli del 1984 e il progetto Herman del 1994. L'idea recente di redigere una Costituzione, lanciata nel Consiglio europeo di Nizza del dicembre 2000, è stata ripresa da Valéry Giscard d'Estaing e adottata da tutti, senza discutere preliminarmente (grave omissione) se si voleva redigere una Costituzione per regolare i poteri dell'Unione o per potenziarne, o cambiarne, i principi fondati sul libero mercato.

Secondo i liberisti inglesi, l'Unione ha bisogno solo di una Costituzione che definisca le competenze e regoli i poteri, non che pretenda di estendere i diritti sociali dei cittadini europei. Secondo i liberisti, il discorso sui diritti sociali riguarda gli Stati, non l'Unione europea in quanto Unione fondata sul libero mercato. Gli euroentusiasti sociali vogliono, invece, una Costituzione europea con Stato sociale incluso, anche se minimo, che la Corte di giustizia europea potrà ampliare e interpretare in senso estensivo. Il Consiglio europeo è però già intervenuto per dire esplicitamente come le norme della Carta non devono essere interpretati (mi riferisco agli articoli II-111 e seguenti del trattato costituzionale): 1) le norme espresse dalla Carta dei diritti fondamentali non si applicano ai singoli Stati oltre i limiti di competenza dell'Unione; 2) Le norme contenute nella Carta non attribuiscono poteri ulteriori alla Corte di giustizia. La Corte di giustizia europea deve attenersi ai principi generali e, ovviamente, deve interpretare le norme in via sistematica.

Fra principi enunciati nella seconda parte del trattato costituzionale e quelli enunciati nella parte prima e nella parte terza prevalgono precisamente i principi enunciati nelle parti prima e terza.

La Convenzione era largamente composta da federalisti, da euroentusiasti. I suoi lavori non si sono svolti per nulla in modo democratico. Gisela Stuart ne ha descritto l'andamento: «La Convenzione è un gruppo autoselezionato dell'élite politica europea che ha interesse a un'integrazione sempre maggiore e che considera i governi e i parlamenti nazionali come ostacoli. Nei sedici mesi che ho partecipato ai lavori della Convenzione non una volta li ho sentiti chiedersi se un'integrazione europea sempre piú intensa corrispondesse al volere dei popoli europei e ai loro veri interessi» (cito da G. Stuart, The making of the European Constitution, London, The Fabian Society, 2003). Le élites europee non possono costruire l'Europa a loro uso e consumo. Precisamente questo ha detto il popolo francese con il suo voto.