Liberazione

Costituzione europea: il referendum è legittimo

Vincenzo Accattatis

3 novembre 2004

La costituzione europea è ancora in alto mare. Non solo la Gran Bretagna e la Francia ma anche molti altri Stati che fanno parte dell'Unione europea hanno deciso di sottoporre la ratifica della costituzione - o del trattato costituzionale, come anche si dice - a referendum. Decisione democratica in Italia contrastata, in modo bipartisan, dal centrosinistra e dal centrodestra. Mi esprimo contro la via breve, bipartisan, raccorciata, per scorciatoie.

Anche in Italia, a mio avviso, la costituzione europea deve essere sottoposta a referendum perché sia discussa a fondo a livello popolare, come vogliono i leaders della Francia, della Gran Bretagna e di molti altri paesi: ma il referendum è ammissibile in Italia tenuto presente l'articolo 75 della nostra Costituzione? Affronto questo problema giuridico.

L'articolo 75 della Costituzione italiana prevede la possibile "abrogazione", totale o parziale, per via referendaria "di una legge o di un altro atto avente valore di legge". Non possono essere sottoposti a referendum abrogativo le leggi tributarie e di bilancio, quelle di amnistia e di indulto, quelle volte ad autorizzare o ratificare trattati internazionali.

Secondo gli euroentusiasti italiani che non vogliono il referendum, che vogliono che la costituzione sia approvata rapidamente, che vogliono che l'Italia sia il primo Stato a ratificare, il referendum in Italia è escluso dal richiamato articolo 75. Va osservato - in prima battuta - che la costituzione europea approvata a Roma pochi giorni fa non è ancora una costituzione e non è ancora un trattato internazionale da ratificare. E' un "terzo genere", è un trattato "in itinere" che altri Stati sottopongono a referendum e che anche in Italia può essere sottoposto a referendum.

"Una seconda osservazione strettamente collegata alla prima. La Costituzione approvata in Italia nel 1947 non poteva prevedere quella strana "cosa" (quella cosa "veramente strana") costituita da un'organizzazione internazionale capace di procedere "passo dopo passo" fino a sovrapporsi e a schiacciare la Costituzione italiana e i suoi principi fondamentali. Ad esempio, il principio di eguaglianza sostanziale scritto nell'articolo 3 capoverso: «E' compito della Repubblica (non del "libero mercato in espansione") rimuovere gli ostacoli...». Jean Monnet, tutti lo riconoscono, era un genio che ha ampiamente usato tecniche bonapartiste (manipolatorie) ben presenti, ancor oggi, in Europa e in Italia.

Una pretesa "costituzione europea" è stata surrettiziamente introdotta nell'ordinamento europeo dalla Corte europea e, purtroppo, la Corte costituzionale italiana ha finito per accettarla. Nella normativa italiana - ho sostenuto in passato in molteplici sedi e ancor oggi sostengo - i trattati europei potevano essere introdotti solo passando per la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione. In violazione della Costituzione sono stati invece introdotti con leggi ordinarie e alla chetichella, senza previa adeguata discussione da parte del popolo sovrano.

Data l'enorme portata dell'innovazione che la costituzione europea in gestazione introduce, la ratifica, a mio avviso, deve coinvolgere profondamente i cittadini e quanto meno deve passare per la procedura di cui all'articolo 138. L'approvazione o meno della costituzione europea non può essere solo affare di governo né solo affare di maggioranza bipartisan; vi sono anche minoranze dissenzienti che hanno diritto di far valere fino in fondo, nel parlamento e nel paese, le loro ragioni.

Il referendum si può fare, e, a mio avviso, si deve fare, previa eventuale riforma (a mio avviso non necessaria) dell'articolo 75 che non è testo sacro se è vero che la costituzione europea - insisto su questo concetto - si sovrappone sui principi costituzionali fondamentali della Costituzione italiana, giudicati dalla Corte costituzionale immodificabili. Immodificabili i principi fondamentali, fra i quali l'articolo 3 capoverso; modificabile, invece, l'articolo 75 il quale, peraltro, è stato interpretato dalla Corte costituzionale e dalle forze bipartisan con grande larghezza.

Noto, inoltre, che la Costituzione italiana è oggi sottoposta a modifiche continue, molte delle quali eversive, sicché non si intende il preteso sacro rispetto dovuto all'articolo 75. La storia di questo articolo è esemplare delle manipolazioni bonapartiste. In forza di un emendamento aggiuntivo approvato dall'Assemblea costituente italiana nella seduta del 16 ottobre 1947 - sono cose note, ma è bene ricordarle ancora -, tra le leggi sottratte al referendum abrogativo erano state ovviamente incluse le leggi elettorali ma, si è detto, per mero "errore omissivo", l'esclusione delle leggi elettorali non è stata poi inclusa (si scusi il bisticcio) nel testo finale dell'articolo 75. Ecco una precisa ragione per riscrivere ponderatamente l'articolo 75 della Costituzione, includendo l'esclusione delle leggi elettorali, voluta dal Costituente.

L'emendamento aggiuntivo del 16 ottobre 1947 doveva comunque valere come chiara indicazione per la Corte costituzionale italiana: nel senso di escludere referendum manipolativi propositivi delle leggi elettorali che dalla Corte costituzionale sono stati invece largamente ammessi. Ricordo qui, di passata, un famoso quesito manipolatorio ammesso dalla Corte costituzionale: «Volete voi che sia abrogata la legge 6 febbraio 1948, n. 29, recante "norme per l'elezione del Senato della Repubblica", limitatamente alle seguenti parti: art. 17, secondo comma, così modificato dall'art. 1 della legge 23 gennaio 1992, n. 33, limitatamente alle parole "comunque non inferiore al 65 per cento del loro totale"; art. 18, primo comma, limitatamente alle parole "alla segreteria del Senato, che ne rilascia ricevuta, qualora sia avvenuta la proclamazione del candidato e, nel caso contrario, "; art. 19, primo comma, limitatamente alle parole "o delle comunicazioni di avvenuta proclamazione"; secondo comma, limitatamente alle parole "presentatisi nei collegi"; terzo comma, così modificato dall'art. 1 della legge 28 aprile 1967, n. 262, limitatamente alla parola "suddetti"; ultimo comma, limitatamente alla parola "soltanto" nonché alle parole "il candidato che in detto collegio ha ottenuto il maggior numero di voti validi, e"».

Con sentenza n. 32/1993 questo incomprensibile quesito manipolatorio è stato ammesso dalla Corte costituzionale. Altro che rispetto sacro dell'articolo 75 della Costituzione! I cittadini italiani sono stati costretti a votare un sì o un no in base al colore delle schede! Oggi si scopre l'esigenza del rispetto assoluto dell'articolo 75 della Costituzione letto in un certo modo. Proprio oggi!

In conclusione, meglio riformare l'articolo 75 - se è proprio necessario - che rispettarlo e fare distruggere i principi fondamentali della Costituzione alla chetichella in via bipartisan.

Credo che in Italia, come in Francia, come in Gran Bretagna, occorre finalmente sapere - è questa l'esigenza di fondo - cosa vogliono i cittadini: con piena conoscenza di causa vogliono l'Europa in costruzione, questa Europa voluta dalle élites (dalle multinazionali e dai banchieri), oppure vogliono un'altra Europa? Vogliono il patto di stabilità oppure non lo vogliono? Amano il "vincolo esterno"? Amano l'euro? Pensano che l'euro abbia fatto aumentare i prezzi delle merci oppure no? Costruendo l'Europa monetaria prima di aver costruito l'Europa politica, dotata di istituzioni politiche, le élites europee hanno forse messo il carro davanti ai buoi? Hanno sbagliato, hanno costruito male l'Europa, la stanno costruendo male? Il popolo italiano, bene informato - ancora non lo è -, approva questo metodo di costruzione europea, il metodo Monnet, il metodo bonapartista-gollista dei fatti compiuti (l'intendenza seguirà)?